Insieme alle mie figlie. Estate 2018

È curioso come noi genitori (chi più e chi meno) vogliamo che i nostri figli diventino migliori di noi. Questa aspettativa crea spesso un conflitto, attivando l’istinto naturale di ribellione nel figlio e di frustrazione nel genitore, il quale, com’è da aspettarsi, non vede soddisfatte le sue aspettative del tutto personali ed irraggiungibili. Partiamo dal fatto che dire “meglio di” implica un paragone ed un giudizio, azioni entrambe del tutto controproducenti. 

Ognuno di noi è unico e diverso, ognuno di noi è un essere potenzialmente perfetto, integro e completo. I paragoni ei giudizi distruggono l’identità delle persone, perché negano la loro unicità. 

I nostri figli non sono le nostre repliche, nemmeno le nostre seconde opportunità, ne dovrebbero diventare quello che noi vogliamo o pensiamo sia meglio diventino. Questo paradigma radicato in molti genitori genera malessere ed insoddisfazione tanto per i genitori quanto per i figli. 

Le generazioni diverse hanno un modo, appunto, diverso di realizzarsi. Questa diversità è una ricchezza, è la prova che la Vita ha infiniti modi di essere perfetta. Ma per vivere bene la propria generazione e convivere con le altre (precedenti o successive che siano) occorre comprendere e comprendersi. La comprensione è alla base dell’equilibrio, è il pilastro sul quale si fonda una relazione costruttiva e positiva, che porti all’accettazione serena di sé stessi e delle generazioni conviventi.

Non so fino a che punto sia un processo “naturale” accettarsi, comprendersi e vivere in equilibrio. Viviamo in una società che tende a normalizzare il conflitto. Non che questo sia un male in assoluto, poiché attraverso i disaccordi si scoprono grandi opportunità di crescita e miglioramento; eppure, i conflitti rendono, inevitabilmente, i rapporti difficili e pesanti.

Partendo dalle cose semplici, invece, la strada dell’armonia diventa più piacevole e facile. E non c’è niente più semplice di “dare l’esempio”.

Jean-Jacques Rousseau dice: “Proponiamo grandi esempi da imitare, piuttosto che vani sistemi da seguire”. 

Dare l’esempio è coerente. La coerenza è educativa e facile da comprendere. Quando invece il nostro comportamento non è coerente con le nostre prediche, stiamo remando contro l’educazione e allontanandoci dai valori che intendiamo trasmettere. 

Ricordiamoci: Nella maggior parte dei casi, quando ci arrabbiamo con i nostri figli per qualche loro comportamento che giudichiamo sbagliato o che ci infastidisce, stiamo in realtà reagendo ad una “immagine dello specchio”. Loro ci restituiscono una immagine distorta, talvolta amplificata o decontestualizzata di un NOSTRO comportamento che non ci piace o che non siamo riusciti ad accettare. Loro imparano e duplicano quel che vedono, non quello che diciamo loro.

Portate tutto questo al mondo dell’Impresa.

Le PMI italiane sono a carattere famigliare nella stramaggioranza dei casi.  In un contesto aziendale, il conflitto generazionale, spinto dalle false aspettative e dai paradigmi, rappresenta uno dei principali motivi di fallimento delle imprese. Triste quanto vero. La buona notizia è che si può intervenire e risolvere. Valgono praticamente gli stessi consigli che per i rapporti fra genitori e figli, cambia soltanto il metodo di attuazione, le tecniche e l’approccio. In genere, è necessario l’intervento di una figura esterna che garantisca obiettività, professionalità, esperienza ed un metodo efficace che guidi le parti coinvolte verso l’obiettivo, infondendo sicurezza e favorendo l’accordo e l’armonia.

Che ne pensate? Quali sono le vostre esperienze in merito? A livello personale e professionale, in azienda o in casa…

Ana M. Alvarez