Dall’argomento alla fallacia logica

Un articolo di Katia Bovani

Sì, tutto nasce dall’argomentazione perché, prima di tutto, la fallacia è un argomento.

O meglio, un certo tipo di argomento.

E, per poter sia addentrarsi all’interno delle specie di fallacie sia trattarle partitamente, è utile prendere le mosse dal concetto di “argomentazione”  e chiarire cosa debba intendersi con tale vocabolo.

L’argomento è un composto (che a me piace indicare col termine cogitazione, ma lo si può definire – altrettanto bene – come ragionamento) formato da una o più frasi che svolgono la funzione di premessa e una frase con funzione di conclusione.

L’argomento presenta due caratteristiche fondamentali:

1. la prima consiste nel fatto che le frasi enucleabili al suo interno sono costituite, tutte, da enunciati dichiarativi. Cosa si intenda con tale espressione ce lo spiega  Aristotele nel suo Perì Ermenèias  (o De Interpretatione  17a,1 -32)

“Non ogni discorso è dichiarativo ma solo quello in cui si dà il dire il vero e il falso; e ciò non si dà sempre. La preghiera, per esempio, è un discorso, ma non è né vero né falso. […] Il discorso dichiarativo è l’oggetto della nostra attuale indagine”

Ad esempio: “Luca mangia una mela”,  “6+6=12”,  “È una bellissima giornata di sole e credo proprio che andrò al mare”.

Ebbene, sono tutte frasi sulla cui verità o falsità è possibile interrogarsi.

Ma prova a domandarti se sia vera o falsa questa frase: “ Che ne pensi, andiamo al mare?”.

Non riesci a risponderti, giusto? Giusto.  In effetti, da un punto di vista logico non ha alcun senso chiedersi se sia vera o falsa

2. Può comporsi di più premesse, ma la conclusione è una soltanto

Lo so, adesso vuoi parlare del rapporto tra premessa/e  e conclusione.

Partiamo dalla fine. Come dice la parola stessa, la conclusione è la parte terminale di un argomento. E il fatto che ne possa esistere una sola, significa che sul piano logico-argomentativo la conclusione contiene, concettualmente, il punto finale di un ragionamento oltre il quale – considerate le premesse dalle quali procede – non si può ulteriormente andare. In altre parole, la conclusione chiude il cerchio.

Le premesse sono quegli enunciati dichiarativi che offrono le motivazioni, le prove della conclusione.

Esaminiamo assieme questo esempio: “hai sempre dipinto e ti interessi di storia figurativa. Credo che dovresti dedicarti all’arte.

Come vedi, il ragionamento:

  • procede dalla premessa in cui si dichiara all’interlocutore di averlo sempre visto dedicarsi alla pittura
  • continua con la seconda premessa dichiarativa del suo interesse per la storia figurativa
  • si conclude con l’enunciato che contiene l’opinione dell’argomentante

Argomentare bene. Ma anche no

Approcciandosi alla retorica  – della quale fa parte anche la scrittura argomentativa e alla quale l’oratoria, puri differenziandosene, è strettamente collegata  – ci poniamo, tutti, la stessa domanda: “ Ma quand’è che ci troviamo in presenza di un argomento buono? E quando no?”

Provo a risponderti con un’altra domanda: troveresti strano se, in ordine a un discorso, ti chiedessi di distinguere  il piano logico da quello psicologico? Non credo proprio.

Intuitivamente, l’argomentazione è buona quando segue le regole della logica argomentativa, vale a dire:

  • le premesse dell’argomento devono mostrarsi vero-simili
  • le premesse devono riguardare la conclusione
  • in ragione delle sue premesse, la conclusione è altamente probabile ( quindi, non certa, ma neppure soltanto possibile)

Ecco un esempio: “ (1) Non stai affatto studiando matematica. (2) Se continuerai a non applicarti e a collezionare insufficienze, (3) al termine dell’anno ti ritroverai un debito in questa materia”.

( 1 ) e ( 2 )  sono premesse plausibili ed  entrambe riguardano la conclusione (3) che è altamente probabile in virtù della vero-simiglianza delle premesse.

Adesso osserva questo ragionamento: “La squadra di governo del Comune di Bye Bye è ottima perché i suoi componenti sono ottime persone”.

Possiamo definire questa argomentazione come buona  sulla base di quanto osservato sinora?

No.

Nella conclusione (“La squadra di governo del Comune di Bye Bye è ottima) l’autore inferisce la qualità di un “tutto” dalla qualità delle sue singole parti. Ma il ragionamento  logicamente condotto ci indica che  dalla bontà di singoli elementi tra loro correlati non discende necessariamente (vale a dire senza possibilità contraria) la bontà dell’intero ente.

Dunque, la cogitazione sulle qualità del Comune di Bye Bye non rispetta i canoni della logica argomentativa e, quindi, non è una buon ragionamento.

Tuttavia…che effetto psicologico ha prodotto in te quel discorso? Ti è sembrato convincente, vero?

Certamente sì. E per una buona ragione. Perché è una fallacia logica, ossia un ragionamento errato sul piano logico, ma molto persuasivo sul piano psicologico-comunicativo.

Non voglio spoilerare, ma quello in esame  relativo al Comune di Bye Bye) è un esempio di fallacia di composizione in base alla quale la buone qualità di un soggetto collettivo vengono fatte derivare ( inferire è il termine tecnico) dalle buone qualità  di ognuno degli elementi che compongono quel soggetto collettivo.

Ecco perché conoscere e saper riconoscere le fallacie logiche nei ragionamenti altrui è importantissimo, specialmente oggi. Perché sono errori logici dall’altissimo potere persuasivo. Sono ragionamenti non logicamente condotti, ma capaci di esercitare una influenza psicologica così penetrante da direzionare le reazioni, i comportamenti, i pensieri e le visioni  di chi legge o ascolta quei ragionamenti.

Ed ecco il paradosso: più siamo  bravi nel costruire  argomenti errati, maggiore è la nostra forza persuasiva e maggiore è il nostro potere di incidenza nella formazione della volontà altrui.

 Si alzi il sipario sulle fallacie!

Katia Bovani