SIAMO TUTTE PERSONE DIFFICILI
Un articolo di Alessandro Carli
Chi non ha mai avuto a che fare con persone difficili nella propria vita, soprattutto in famiglia o sul lavoro? Tutti, immagino, e certamente più di una.
Poco male se si tratta di una persona scorbutica che hai incontrato per strada e con la quale hai avuto a che fare, magari perché ti ha insultato per averla urtata inavvertitamente: solo l’ennesimo antipatico episodio fra i tanti che capitano nella vita.
Ma cosa succede quando si tratta di persone con cui non puoi evitare di interagire? Stiamo ovviamente parlando delle persone che ci sono più vicine, quelle del nostro stretto nucleo familiare, oppure quelle con cui abbiamo a che fare quasi quotidianamente sul lavoro e da cui dipende magari anche il nostro sostentamento economico.
Qui le cose si fanno decisamente più complicate.
È stato detto e scritto molto su come trattare con le persone difficili, ma quasi sempre mettendo il lettore/ascoltatore dalla parte della povera “vittima” che subisce le angherie dello stronzo di turno col quale deve imparare ad interagire assertivamente.
Non mi è MAI capitato, invece, di leggere o ascoltare qualcuno che ponesse al centro dell’attenzione la presunta vittima, mettendo in discussione i suoi atteggiamenti e comportamenti.
Cosa che invece ho intenzione di fare io.
Non per fare il bastian contrario, ma per un semplicissimo motivo: chi mi segue sa quanto mi sta a cuore il tema del controllo e del fatto che esso è possibile solo ad una condizione e, cioè, che la sola persona su cui è possibile avere controllo siamo noi stessi e che se si vuole essere in controllo di una qualsiasi situazione è necessario capire come intervenire sulle dinamiche che producono ciò che vogliamo che si manifesti nel contesto in cui si opera (famiglia, lavoro, ecc.).
La domanda, quindi, non è come trattare con le persone difficili, ma capire quali dinamiche dobbiamo essere in grado di attivare e come. Certamente, puntare il dito sulla persona difficile (anche quella oggettivamente tale) non è la risposta né, tantomeno, trattarla con condiscendenza.
Sono 6 i punti da tenere sempre a mente quando si ha a che fare con chi NOI riteniamo difficili.
- La difficoltà è sempre reciproca – Tendiamo a resistere le persone che hanno con noi un comportamento difficile o perfino ostile e questo va, a sua volta, ad intensificare in esse sentimenti non certo esaltanti nei nostri confronti, andando così a creare una spirale viziosa i cui esiti sono impossibili da prevedere. Se pensiamo di dover “aggiustare” qualcuno, prepariamoci ad una guerra senza quartiere e tirare in ballo certi valori (“una persona perbene non si comporta così”, “qualcuno deve dirle come si sta al mondo”, “chi non rispetta gli altri non merita rispetto”, ecc.) non aiuterà di certo. Piuttosto, facciamoci una semplice domanda: “cosa la urta di me?”
- Tu sei la prima persona difficile con cui trattare – Partendo da questo presupposto, tutto si rimette nella prospettiva più funzionale per risolvere i conflitti. Se ne fai una questione di chi è nel torto e chi nella ragione, andrai a sbattere contro un muro. Facci caso: le persone che ritieni essere difficili, ti danno sui nervi quando vanno a toccare certi argomenti; sono quelle di cui esecri certi comportamenti o scelte di vita; che fanno risaltare certi tuoi difetti e che non intendono farti passare liscia alcuna mancanza. Infatti, le persone più difficili al mondo per ognuno di noi vengono definiti “marito” e “moglie” rispettivamente. Chissà perché.
- Decidi tu chi è difficile e chi no – Ora che si è stabilito che la prima persona ad essere difficile siamo un po’ tutti noi e che la difficoltà è sempre reciproca, si può ipotizzare che ci possano essere persone oggettivamente difficili con cui non è possibile andare da nessuna parte. Che sia poi vero o meno è un altro paio di maniche, ma nel momento in cui decidi di fare qualcosa in proposito, te ne assumi la responsabilità. Non getti la spugna perché una persona è impossibile, ma perché hai deciso che non vale più la pena continuare a trovare il “modo giusto” per relazionartici. Non c’è niente di male in questa scelta, purché sia la tua e non perché è stata lei a non dartene altra.
- Le persone sono reattive: danno quello che ricevano – Considera che le persone agiscono SEMPRE al meglio di ciò che sanno; ma soprattutto, tornano quello che hanno ricevuto. Se nella vita hanno ricevuto amore, fiducia, incoraggiamento, onestà, sincerità, ecc., questo torneranno; al contrario, se hanno avuto diffidenza, disonestà, rabbia, delusione, è questo che daranno. Ora, sapendo questo, quanto ci vuole per capire che se vuoi avere da una persona ciò che vuoi le devi dare esattamente quello? Vuoi da lei rispetto, fiducia, considerazione, apprezzamento…? Sii tu a darglieli per prima. Non sarà né facile né veloce, ma se credi in ciò che fai, questo accadrà.
- Cancella la parola “colpa” dal tuo vocabolario e dai tuoi pensieri – Siamo tutti molto sensibili al concetto di “colpa”.. . perfino a questa sola parola diretta a noi! Da Adamo ed Eva in poi, quando ci sentiamo attaccati, troviamo subito il modo di trasferire ad altri la colpa che ci viene addebitata e questo è un male, poiché insieme alla colpa allontaniamo anche il controllo. Quando diciamo che “la colpa non è mia, ma tua”, stiamo dicendo che non siamo noi ad avere il potere di far accadere le cose, ma un altro. E non solo: questo “altro” ha anche il potere di farci stare male. È questo che vogliamo? Pensiamo in termini di “responsabilità”, invece”, ed assumiamocela tutta!
- Devi assumere il controllo della situazione – Il motivo principale per cui le persone diventano difficili è perché non hanno controllo – o meglio – sentono e credono di non averlo. Non hanno controllo sui loro pensieri, sulle loro emozioni, sulle loro azioni; ma soprattutto, sentono di non avere né il controllo della loro vita né il potere di cambiare le cose. Cosa succede se interagiscono con chi ha lo stesso problema? Come li farà sentire? Al sicuro? Con queste persone è fondamentale non prendere le cose che fanno – o come le fanno – sul personale, ma essere focalizzati sul loro disagio, cercando di farle sentire al sicuro con te.
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