ESSERE O… NON ESSERE!

Un articolo di Alessandro Carli

È all’apertura del terzo atto dell’omonima tragedia che Amleto pronuncia quello che è forse il monologo più famoso di tutti i tempi.

E di cosa parla? Se farla o meno finita… mica cotiche! In altre parole, riguarda il prendere una decisione, una delle attività umane più difficili, capace di bloccare chiunque anche per anni.

In realtà, è curioso perché nell’arco di una giornata prendiamo la stragrande maggioranza delle decisioni senza battere ciglio, quasi tutte tra due alternative, seguendo lo stesso identico schema: tra le due scelte, quella che mi procura maggiore piacere oppure che mi procura minore dolore e, tra una piacevole ed una penosa che si equivalgono come importanza, prevale sempre quella di evitare la situazione potenzialmente più dolorosa.

Noi pensiamo di decidere, ma in realtà stiamo seguendo un programma ben definito che ci lascia poco margine di manovra: in genere, le nostre decisioni sono più che prevedibili. E meno male che esistono questi automatismi, altrimenti andremmo fuori di testa… Il problema è che condividiamo questi stessi automatismi con un ramarro e si dà il caso che da noi esseri umani ci si aspetta qualcosa di più e, qui, le cose si complicano un tantinino.

Finché ci troviamo spaparanzati sul divano a guardare la TV e dobbiamo decidere se alzarci per andare o meno a fare pipì, l’automatismo ci sta tutto… un po’ meno se ci si trova nella situazione di Amleto.

Diversi anni fa, la Harvard University fece un esperimento molto interessante prendendo bambini di 6 anni fino a ragazzi di 18. A questi giovani veniva ipotizzata una situazione che, alla fine, presentava una decisione che il protagonista della storia avrebbe dovuto prendere e chiese loro cosa avrebbero deciso al suo posto. Quello che interessava veramente gli sperimentatori non era tanto quale scelta avrebbero fatto i giovani, ma la motivazione che la sosteneva.

I più piccoli basavano la loro scelta su considerazioni del tutto opportunistiche: o evitare di essere puniti o guadagnarci qualcosa. Quelli più grandicelli, invece, propendevano per una scelta più conformistica, cioè la ricerca di approvazione (da parte di altri) o il rispetto delle regole. Per i giovani adulti, invece, prevalevano il rispetto per se stessi e per i principi.

E noi adulti, invece, sulla base di quali considerazioni prendiamo le nostre decisioni?

Teniamo presente che questo esperimento era basato su una simulazione dove nessuno rischiava veramente niente, ma in che modo reagiremmo se ci trovassimo veramente in una situazione critica? Molto probabilmente, esattamente nel modo in cui si sono comportati le “cavie”, in funzione della loro età, con la differenza che in questo caso non si tratterebbe di età anagrafica, ma di maturazione interiore, “spirituale”: coloro che sono cresciuti meno decideranno sulla base di una convenienza (minore dolore/maggiore piacere); poi quelli che si conformano a ciò che gli altri o la società si aspettano da loro; e infine, i più elevati, sulla base di valori o principi.

Va poi comunque tenuto conto che, nelle nostre scelte, ciò che va considerato non è tanto l’azione in sé, ma sempre la motivazione che ci ha spinti a compiere quell’azione.

Se, tornando ad Amleto, contemplassi il suicidio, quali sono le considerazioni su cui farò o meno quella scelta? Per porre fine ai miei tormenti o per, ad esempio, salvare a mie spese la vita di un altro? E se decido di NON suicidarmi, lo faccio per vigliaccheria o perché, invece, do al principio della Vita un valore immensamente superiore alle pene che dovrei sopportare vivendo (che era poi ciò su cui stava riflettendo Amleto)?

Sono le motivazioni dietro le nostre scelte, non le scelte in sé, a determinare quale sia il livello di crescita in cui ci troviamo in un qualsiasi momento della nostra vita.

Qui ho parlato di suicidio per esasperare il concetto e rendere così più comprensibile il messaggio, ma alla fine, quali sono le nostre scelte davanti a situazioni di un certo rilievo? Quali sono le reali motivazioni che ci spingono a decidere per una via o per l’altra? Cosa ti spinge, veramente, a salvare (o meno) il tuo matrimonio piuttosto che la tua azienda? Cosa ti fa decidere di affrontare di petto (o meno) una situazione delicata? Cosa ti ha spinto a continuare gli studi, a votare un partito piuttosto che un altro, a vaccinarti, a mettere al mondo figli, a licenziarti, ad afferrare o meno un’opportunità…? Se sei capace di dare una risposta secca ed onesta a queste domande, puoi fare passi da gigante nella tua vita.

Purtroppo, è difficile dare delle risposte oneste a queste domande perché essendo tutti creature etiche, sappiamo in cuor nostro che le scelte basate sull’etica hanno una valenza superiore rispetto a quelle più opportunistiche: non ce la possiamo raccontare più di tanto.

Anche questo, però, fa parte del nostro processo di crescita.

 Alessandro Carli