Bene tutti parlano di questo virus e adesso si inizia anche a pensare alle conseguenze che questo virus potrà avere, non solo in termini di salute pubblica ma anche per i riflessi socioeconomici inevitabilmente a esso connessi, sia in Cina e, per riflesso, anche sul resto del pianeta.

Forse qualcuno si sta rendendo conto – noi ci proviamo, come consulenti strategici – che questa influenza potrebbe impattare in modo devastante sulle economie di alcuni paesi, anche il nostro.

Ci si inizia a domandare:

  • Che cosa sta realmente accadendo in Cina
  • Quale è la reale situazione sanitaria nelle città isolate?
  • Quale sarà il destino dei cittadini cinesi che vivono nelle città lazzaretto?
  • Chi sta controllando che cosa sta succedendo li per meglio tutelare il resto della popolazione del pianeta?
  • Come mai le misure sanitarie dei vari paesi del mondo non sono uniformi e concordate?
  • Quando si potrà pensare di avere circoscritto con certezza che il virus?
  • Quali sono le proiezioni sugli effetti socioeconomici globali?

Tutti che parlano di tutto e nessuno che sa dare le risposte che servono, soprattutto in merito a come pianificare le proprie attività imprenditoriali, spesso dipendenti da forniture di materie prime, di semilavorati o di beni prodotti ormai quasi esclusivamente in Cina.

Così in televisione assistiamo a interventi da parte delle più disparate persone, medici, sociologhi, virologi, politici di varie estrazioni, giornalisti, opinionisti, imprenditori, dichiaratamente tutti esperti in un campo e indottrinati prima della trasmissione affinché, indipendentemente da quanto realmente sanno o pensano, con il loro intervento siano capaci di minimizzare tutto per tutti in maniera che nessuno dei telespettatori si ponga le domande di cui sopra.

Forse, come imprenditori, manager o consulenti, sarebbe opportuno a tirare fuori dei metodi razionali per filtrare non solo le fake news ma anche le notizie addomesticate e di stato.

Focalizziamo il problema sui fatti:

  • c’é un virus
  • al momento nessuno è in grado di dimostrare cure efficaci per evitare la morte agli infettati
  • i contagi aumentano costantemente e non appare che il loro ritmo dei contagi sia in diminuzione
  • non si sa sino a che punto, ad oggi, si sia propagato il virus, quanti sono i contagiati e, infine, se i dati forniti sono esaustivi
  • interi continenti appiano non toccati da questa situazione ma non si capisce se questa situazione sia reale o, piuttosto, manchino controlli e dati
  • non si sa che cosa stia succedendo nelle città della Cina che sono bloccate e divenute dei lazzaretti di dimensioni impressionanti e anche quale è la situazione reale dell’economia cinese, dove malgrado il Capodanno, che nei mesi precedenti avere prodotto forti scorte di beni e semilavorati, inevitabilmente con la chiusura delle città lazzaretto non potranno produrre fino a quando la situazione sarà rientrata
  • nessuno è in grado di prevedere l’evoluzione futura

Cosi, al pari dei problemi occorsi con la crisi finanziaria del 2008, alcuni esperti in economia iniziano a parlare di questa gravissima crisi sanitaria come una possibile causa di innesco di una altra possibile crisi finanziaria globale.

Allora, al di la degli altalenati andamenti di borsa, mossi da una speculazione sempre più massiva sui mercati che sono diventati una piazza di gaming, ci si interroga su che cosa in concreto sta per avvenire nelle economie reali mondiali sempre più globalizzate e interconnesse e di come possano incidere, a livello finanziario globale, le conseguenze economiche innescate dal rallentamento consistente della produzione del paese ormai divenuto “La Fabbrica del Mondo”

Cosa succederà quindi nelle fabbriche occidentali quando mancheranno le componenti per fabbricare manufatti, pezzi di ricambio, prodotti di largo consumo, etc etc?

Che effetti avrà sul sistema paese di una nazione come l’Italia non avere turisti Cinesi in via Monte Napoleone o in via Condotti, al pari della riduzione della presenza nei ristoranti cinesi?

Ma non è certo di questo il problema quello di cui intendo parlare.

A mio avviso dovrebbe farci riflettere è tutto il resto, ovvero immaginare come tutto quanto usualmente e quotidianamente noi utilizziamo nelle fabbriche, negli uffici, a casa essendo “Made in Cina” oppure realizzato con parte di pezzi “Made in Cina” oppure ancora commercializzato dalla Cina.

Allora qualcuno sa darci oggi una risposta a questa domanda e darci una dimensione globale degli scambi commerciali e del supporto finanziario agli stessi che oggi sono a rischio?

Con una produzione sempre più globalizzata e basata su processi produttivi sempre maggiormente ottimizzati, le scorte sono ridotte al limite minimo e non prevedono situazioni e problemi come quelli che stiamo vivendo.

Ed ecco che, allora, La Teoria del Cigno Nero ritorna in auge.

Come sappiamo, il Cigno Nero è una metafora che descrive un evento non previsto, che ha effetti rilevanti e che, a posteriori, viene razionalizzato in modo improprio attraverso i comportamenti collettivi di difficile comprensione.

La teoria venne sviluppata da Nassim Nicholas Taleb per spiegare:

  1. L’importanza sproporzionata di determinati eventi di grande impatto, difficili da prevedere e molto rari, che esulano da ciò che normalmente ci si attende in campo storico, scientifico, finanziario e tecnologico.
  2. L’impossibilità di calcolare con metodi scientifici la probabilità di tali eventi rari e carichi di conseguenze (a causa della natura stessa delle probabilità molto piccole).
  3. Le distorsioni psicologiche che impediscono alle persone (sia come individui sia come collettività), di cogliere l’incertezza e il ruolo enorme degli eventi rari nell’andamento della storia.

La “Teoria del Cigno Nero” tratta di eventi considerati estremamente divergenti rispetto alla norma, i quali giocano collettivamente un ruolo molto più importante della massa degli eventi ordinari e ci insegnano che gli uomini sono spesso impreparati ad affrontare queste situazioni.

Ora è sotto gli occhi di tutti che il sistema di controlli è partito troppo in ritardo e che questo #coronavirus non è stato gestito sin da subito dalla collettività mondiale in modo omogeneo e, attraverso questa incertezza e asimmetria di comportamenti nei Governi e negli Organi preposti a farlo, è veramente sconcertante e ci conferma quanto siamo come umani vulnerabili nelle nostre scelte razionali di fronte all’ennesimo Cigno Nero.

Ma se ciò riguarda l’emergenza sanitaria altrettanto si deve affermare per quella che potrebbe divenire presto anche una emergenza economica e poi sociale globale.

Cosa faranno le fabbriche quando non avranno più componenti meccanici o elettronici – perché non arrivati dalla Cina – per proseguire la loro produzione?

Quante aziende saranno costrette a fermarsi e per quanto tempo?

Come questa situazione potrà stressare il sistema bancario?

Chissà perché nessuno ne parla…

Evidentemente alcuni comportamenti mediatici messi in atto dal Governo Cinese quale i proclami per avere trovato cocktail miracolosi per curare questo #virus ci devono far riflettere sul significato più profondo legato alla esigenza di minimizzare il problema sanitario con l’approssimarsi dalla fine del capodanno Cinese e con la necessità di riaprire le fabbriche.

Infine, ci siamo chiesti quante persone che oggi sono nelle città lazzaretto sono andati a trovare parenti in queste festività e magari sono tecnici, che fanno marciare macchinari specialistici in altri distretti industriali della Cina…

Penso che da qui ad un mese sapremo se questa possibile emergenza ci sarà.

In attesa delle future evoluzioni, cosa può fare l’imprenditore italiano?

A nostro avviso è opportuno valutare il rischio che corre la sua azienda qualora questi scenari si manifestassero e, soprattutto, pianificare delle iniziative volte a diversificare i paesi dai quali si approvvigionano, al fine di anticipare tutti i problemi e sfruttare tutte le opportunità che sempre si manifestano quando vi è una crisi.

Direte voi: ma siamo sicuri? A nostro avviso è vantaggioso iniziare questa esercitazione interna che coinvolge tutte le risorse chiave dell’azienda, dal commerciale alla produzione, alle risorse del personale per ricercare si da subito soluzioni per non fermare l’azienda e, soprattutto evitare quanto sta già succedendo in alcune fabbriche del Mondo.

Occorrerà anche sforzarsi di trasformare questa calamità in una opportunità per recuperare clientela persa, relazioni commerciali dimenticate e pure nuovi fornitori, diversificando il rischio di dipendenza da un solo Paese come la Cina.

Cosa ne pensate?

Giorgio Laganà
Direttore area consulenza strategica di Elite Academy